L’assassinio di John Lennon, avvenuto nel 1980, ha trasformato il celebre musicista in una vera e propria icona contemporanea, un martire al pari di Gandhi o J. F. Kennedy.

Lo sa bene Paul McCartney, che insieme ai compagni George Harrison e Ringo Starr si è visto strappare dall’opinione pubblica la paternità della sua band, i Beatles, proprio in seguito al tragico evento.

'Quando John venne ucciso, al di là dell’orrore infinito di quel gesto, ciò che accadde è che il nostro amico divenne automaticamente un eroe e un martire', ha spiegato senza peli sulla lingua Paul ai microfoni di Esquire.

'Le persone iniziarono a dire: “John era i Beatles”, e questo era molto frustrante per me, George e Ringo. È senz’altro vero che lui era il più acuto tra di noi, e che sia durante che dopo il periodo dei Beatles scrisse ottima musica. Ma ne scrisse anche di tremenda. L’omicidio lo elevò a qualcosa di simile a James Dean, se non addirittura oltre. Ovviamente gli volevamo bene e volevamo ricordarlo nel migliore dei modi, ma il revisionismo che ne è conseguito circa l’intera storia dei Beatles è stato fuorviante'.

La situazione è ulteriormente peggiorata quando la moglie di Lennon Yoko Ono, che molti ritengono addirittura responsabile dello scioglimento della band, si fece avanti per dire che negli anni McCartney non aveva dato il benché minimo contributo alla causa dei Beatles.

Oggi, fortunatamente, il pubblico sembra aver ridimensionato gli eventi di quegli anni, e comprende meglio che dopotutto si è sempre trattato - per Paul, John, Ringo e George - di una 'joint venture'.

Infine, il 73enne ha scherzato sugli effetti della fama, ricordando i tempi - ormai lontanissimi - in cui nessuno lo conosceva.

'Certo che mi ricordo com’era non essere famoso! Non riuscivo ad entrare in nessun club né a rimorchiare nessuna ragazza. In più non avevo soldi', ha detto ridendo.

'Scherzi a parte, mi ricordo com’è stata la mia infanzia a Liverpool, gli studi e poi gli esordi dei Beatles'.

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