- ARTISTS
- NEWS
- UNDERGROUND
- TICKET NEWS
- COMPETITION
All’alba degli 80 anni, Al Bano si racconta: dagli esordi a Cellino San Marco, fino all’esodo in Milano, dove, prima di sfondare, le ha provate tutte.
'La valigia era davvero di cartone: due pantaloni, una bottiglia d’olio, qualche frisella. Era la seconda volta che andavo via da Cellino', dice Al Bano nell’intervista concessa al Corriere della Sera.
'(…) Le milanesi sono tutte zoccole!”. Magari fosse stato vero: non mi guardava nessuna. Andai a fare l’imbianchino. Dormivo in cantiere, al Giambellino, in una stanza al pianterreno, alla luce di quattro candele. Ma non mi pagavano. Ero rimasto con mille lire. Andai alla Standa, a comprare sette michette e la carne in scatola. Vidi la Simmenthal e le lattine con la scritta “Ananas”. Pensai a una sottomarca. Le aprii: “Mamma mia quant’è gialla la carne a Milano!”. Ho mangiato pane e ananas per una settimana'.
Poi fu la volta dei ristoranti…?'Al ristorante Ferrario, vicino a piazza Duomo, cercavano un aiuto cuoco. Pensai che fosse quello che metteva la legna. Mi presentai. “Ma tu sai cucinare?”. “Certo, cosa ci vuole a mettere un po’ di legna?”. Mi misero a distribuire i volantini fuori dal ristorante e poi a fare le pulizie. Imparai a preparare le pizze, il caffè...'.
Purtroppo l’incarico non è durato a lungo.?'Avevo due colleghi. Finché mi chiamavano terrone, pazienza. Ma un giorno mi indicarono mentre salivo le scale trafelato, pieno di piatti: “Per fortuna abbiamo lo schiavetto...”. Non ci ho più visto. Li ho chiusi in una stanza e li ho menati. E ho cambiato ristorante'. (Andai, ndr) Al Dollaro. Si chiamava così perché si mangiava a volontà pagando in lire l’equivalente di un dollaro: il primo “all you can eat”. Ma litigai pure lì. Il figlio del padrone amava una ragazza, che però preferiva me. Lo sentii sibilare: “Questi terroni ci portano via le donne...”. Così me ne andai in fabbrica'.
Ma neppure lì Al Bano riuscì ad inserirsi.?'Alla Innocenti. Catena di montaggio. Lavoravo e per resistere cantavo tutto il giorno. Mi dicevano: “Terrone, piantala!”. E io: goditela finché è gratis, perché tra poco per ascoltare la mia musica dovrai pagare'.
L’arrivo nel Clan fu inaspettato.?'Risposi a un annuncio, superai il provino. La fortuna fu che nel 1965, finito il boom, all’Innocenti ci misero in cassa integrazione: il mattino al lavoro, pomeriggio libero. Così ogni giorno potevo andare al Clan. Esordii alle selezioni per Sanremo. Fuori dall’Ariston c’era un signore piccolo e villoso, in mano un grande cappello, con cui chiedeva l’elemosina. Me lo ritrovai in gara. Vinse clamorosamente. Era Lucio Dalla'.